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In questo casino, riapriamo le case chiuse!

01/12/2017 La Dyvina Opinioni
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unnamed (37)La “legge Merlin“, apprezzata da molti, deprecata da altri, ha messo fine nel 1958 al piccolo mondo antico dei bordelli, con tutti i suoi codici, i suoi segreti, le sue contraddizioni. Da allora il tema delle prostituzione continua a rimanere al centro del dibattito politico. Diverse sono state le proposte di una revisione della legge 75. Ma come si viveva dentro alle case di piacere? Chi erano gli avventori? Perché personaggi come Indro Montanelli di definivano “nostalgici dei casini“?  Frammenti di storia che meritano di essere raccontati.

” Le estati selvatiche che trascorrevo da ragazzo mi portavano nelle case chiuse di una Roma svuotata. Usando la mia voce da basso, passavo con il berretto un po’ calato sul viso, di fronte alla maîtresse. Agosti di fuoco e di piacevolezze, quelli con le “benefattrici”, che sapevano essere, nel caldo della stagione e del sesso, amanti, principesse, mogli, sorelle. La mia è stata una generazione cresciuta nei casini”.

Queste le parole dense di emozioni del nostro Alberto Sordi. All’epoca non c’era vergogna né riprovazione sociale per quelli che oggi chiameremmo gli “utilizzatori finali” delle donnine da bordello. Nella prima metà del Novecento con le prostitute ci andavano tutti, ma proprio tutti: soldati e generali, politici e straccioni, studenti e professionisti, come hanno poi raccontato le maîtresse negli anni. La Tripolina, la Marchigiana, la Sorrentina, l’Emiliana, erano i noms de plume geografici con cui si facevano chiamare le ragazze, che non respingevano nessun cliente, perché non potevano. A meno che non fosse in gioco la loro incolumità. Erano rappresentanti del sesso take away, alla ricerca di denaro facile o di un’occasione per intraprendere la scalata sociale. La maggior parte di loro cambiava luogo di lavoro ogni 15 giorni (da cui il soprannome di “quindicine“), perché i bordelli andavano sempre ripopolati con nuovi arrivi, altrimenti i clienti più affezionati si sarebbero stancati.

Le cocottes si presentavano sempre in fantasiose combinazioni di veli svolazzanti, smerlettature maliziose, déshabillé e leopardati aggressivi. Indossavano calze nere, reggicalze o guêpière quelle delle case di prima classe. Sì perché di bordelli ce n’erano di vari tipi. Quelli lussuosi, a 5 stelle, che avevano le stanze affrescate con dipinti erotici, angeli caduti in pose peccaminose, donne semisvestite e lascive sdraiate su divani, e molti altri di basso profilo con il loro puzzo violento di lisoformio, l’umidità nei muri, la segatura sparsa sui velluti per farli asciugare prima.

“Ero un ragazzo. Avevo 18-20 anni e trascorrevo le serate con gli amici nelle case chiuse. A Milano era pieno. In via Fiori Chiari ce n’erano cinque. Era uno dei posti che preferivamo…” raccontava ai giornalisti il signor Emilio, un vecchio cliente. ” Le ragazze giravano da una stanza all’altra in déshabillé. La femmina più bella costava più di tutte”. E sappiamo che le ragazze più attive, quelle che riuscivano ad avere anche 50-100 rapporti al giorno, riuscivano a racimolare un certo gruzzolo!unnamed (38)

Le tariffe delle marchette (si chiamavano così le piastrine rotonde bucate al centro che venivano consegnate alla ragazza che attendeva in camera, quale riscontro dell’effettuato pagamento) erano estremamente variabili. Si andava dalle 50 lire dei bordelli di paesello, alle 200 lire e più delle case di fascia alta. Scelta la fanciulla e saputo il prezzo, partiva una serratissima trattativa tra i clienti, spesso eccitatissimi ragazzotti, e la maîtresse, dai modi risoluti ma affabili.

C’era sempre un buon motivo per andare in una casa chiusa. Un figlio da svezzare, una delusione d’amore, la voglia di provare dei “numeri” da ripetere poi con la legittima consorte o fidanzata e, perché no, il piacere di fare quattro chiacchiere con delle pasionarie di grande esperienza. Alcuni, anzi, si accontentavano solo di questo. Erano i cosiddetti “flanellisti” (dall’espressione far flanella, dove flanella era la lanetta che si formava con lo strusciamento degli abiti sulle poltrone), rigorosamente perdigiorno e squattrinati, l’incubo delle proprietarie di bordelli, che li stigmatizzavano spruzzando su di loro il “Flit“, un vaporizzatore dal profumo inconfondibile, tipico del casino, che li avrebbe smascherati ovunque andassero. Tutti gli altri invece, erano gentilmente invitati a consumare, “Forza, forza bei giovanotti, fatevi sotto…”.

All’alba del 1958 tutto svanì.

Ad oggi il mercato del sesso in Italia vale circa 5 miliardi di euro e vanta oltre 9 milioni di clienti (tra occasionali e abituali). Su piazza ci sono 70mila prostitute, di cui il 65 per cento operano in strada e il resto in appartamenti, locali, falsi centri estetici etc… Oggi il rapporto cliente-prostituta è diretto, senza fronzoli, senza pathos. Esiste un sottobosco affaristico-criminale nel cui seno si agitano centinaia di prostitute controllate dalla malavita. Tradotto significa interi quartieri con strade piene di ragazze. Tutto avviene in modo molto asettico e impersonale, in linea con le dinamiche sociali che sperimentiamo quotidianamente, soprattutto nella grandi città. Altro che gli struggenti ricordi degli anziani per quelle donne che “svezzavano” intere generazioni di uomini! E se le riaprissimo?

Paese che vai prostitute che trovi! 

In Europa le leggi che regolamentano la prostituzione sono estremamente varie ed eterogenee. L’ordinamento giuridico rispecchia in modo inevitabile la cultura di un popolo. E la sua civiltà.

E infatti nella civilissima Olanda la prostituzione è considerata un’attività assolutamente rispettabile ed è legale aprire “case di tolleranza“: basta avere compiuto 18 anni d’età ed essere regolarmente residenti nel Paese.

In Spagna esistono le “casa de alterne” locali molto simili ai bordelli, dove la polizia non entra.

In Germania le lucciole sono circa 400mila e i bordelli migliaia ( 700 solo a Berlino, dove tra l’altro esiste la catena del celeberrimo “All you can fuck” dove con 99 euro entri dalle 16, puoi rimanere fino all’alba del giorno unnamed (39)dopo, con ben 27 prostitute a disposizione).

E in Svizzera si affidano addirittura ai “box del sesso“, dove le ragazze possono esercitare unicamente in stanze speciali ricavate da garage, in cui i clienti possono arrivare direttamente con la loro automobile! Sex Drive In per tutti!

Sconti per studenti e militari, acqua, sapone e asciugamano offerti dalla casa, una sveltina 1,10 lire, con due signorine insieme 12,30. Ecco l’amore ai tempi dei bordelli, secondo il tariffario di una rinomata casa di piacere dell’epoca. Ogni casa chiusa aveva un prezziario con i costi, a seconda del tempo (a partire da soli 15 minuti fino alla nottata completa) e delle prestazioni, tra cui la cosiddetta “semplice” (il cliente non poteva sfilarsi i pantaloni, ma solo abbassarli e aprirli); la”doppia” (i pantaloni potevano essere sfilati e le prostitute indugiavano per far girare il tassametro); la “bilancia“(con due ragazze contemporaneamente).

Prestazione indimenticabile, raccomandata almeno una volta nella vita: un letto a baldacchino con luci e suonerie che, come un “flipper”, si accendevano e suonavano in particolari fasi dell’amplesso!

E se le riaprissimo? Al grido dell’emblematico motto di allora: “o f…a o fuga” !

 

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La Dyvina

La Dyvina, Sex Blogger, Sensual Coach e Tester di Sex Toys!
Vivo e lavoro tra la Francia e l’Italia.
Scrivo per il mio blog SEXGOODS “le delizie del sesso” e insegno l’arte della seduzione e del burlesque per l’Acadèmie Dyvina a Roma.
Segni particolari: occhi cerulei, corsetto 16 inches ed il neo vicino alla bocca proprio come Marilyn… perché il sesso è una questione dyvina!
www.sexgoods.it - pagina Fb SEXGOODS https://www.facebook.com/sexgoodsblog/
www.ladyvina.com - pagina Fb LA DYVINA https://www.facebook.com/La-Dyvina-322642301154143/

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commenti

  • Clara · 01/12/2017 0:05

    A tutti i maschi che vogliono riaprire le case chiuse…ci mandereste a lavorare le vostre figlie o mogli o sorelle?

    Rispondi
    • Renato · 01/12/2017 8:58

      La domanda non deve essere “… ci mandereste vostra figlia…” ma “Le donne che esercitano la prostituzione perchè costrette con la forza, o per loro libera scelta, preferirebbero “lavorare” per strada, o in strutture che garantiscono igiene e sicurezza?” Se consideriamo la prostituzione come un lavoro, come era considerato all’epoca (ed ancor oggi in molte Nazioni estere), lavorare in un postribolo è una scelta volontaria e generalmente libera, tutelata dalla Legge, fiscalmente e sanitariamente controllata. Sicuramente meglio di essere costrette a “battere” il marciapiede obbligate da sfruttatori senza scrupoli che poi si impadroniscono dei guadagni, ed in condizioni igieniche e di sicurezza deprecabili.

      Rispondi
  • gianpiero · 30/11/2017 15:09

    Il nostro Salvini, presidente della lega nord aveva indetto una raccolta di firme,per fare riaprire le case, 2 anni fa, il numero è stato raggiunto, ma la cassazione l’ha bocciato. penso che l’unico modo è votare in lui alle prossime elezioni. saluti

    Rispondi
  • Bobiorns · 30/11/2017 12:36

    Ai miei tempi, in una stradina non distante dalla casa genitoriale, c’era una che chiamavano La Contessa. Voci di frequentatori dicevano che la signora non faceva quel mestiere per bisogno di denaro, almeno non solo per quello, ma perché aveva bisogno di un uome più volte al giorno. Comunque, a quei tempi erano controllate sanitarmente e venivano pagate le tasse sugli introiti. Oggi, con la proliferazione di slave ed africane, ci sono delle strade dove è difficile passare. Ben venga una riapertura e con essa controlli sanitari e fiscali.

    Rispondi
    • S · 30/11/2017 17:49

      Ma le slave e le africane chi pensi che le abbia messe li?

      Rispondi

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