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Povia e la satira che cambia vento…

29/08/2017 Redazione Opinioni
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“Mentre fissi il lampadario, ti fregano il salario. Ma non è mica colpa loro, c’è un disegno molto chiaro, il potere veterano con la scusa del razzismo vuole fare fuori l’italiano”. Pioggia di critiche social per Giuseppe Povia, il cantante vincitore del Festival di Sanremo che ha pubblicato su Facebook il nuovo brano dall’eloquente titolo “Immigrazía”. Forse aveva ragione Povia – che continua la sua battaglia contro ogni forma di oppressione sociale e di distorsione causata del politicamente corretto – intanto la polemica sui social impazza. E per quelli che pensano che la satira può stare solo da una parte? Il vento, a quanto pare, sta cambiando anche per loro.

Evoluzione della specie: dal politicamente corretto al polemicamente corretto. Buttiamola in caciara, ma almeno buttiamocela.

“Me so rotto li cojoni e dico che: era meglio Berlusconi”. Parola “del vecchietto di 80 anni, un convinto comunista con la falce ed il martello, Che Guevara sul cappello, stalinista, leninista e marxista nel cervello”, quello col vino rosso giusto. No, in realtà parola di Povia, che detto così pare santo. E ci sarebbe da santificarlo il cantautore italiano, già vincitore di Sanremo, già fortemente incazzato contro speculatori, speculazioni e soprattutto contro questa Europa un po’ puttana, un po’farsesca. Perché? Perché l’ha fatta fuori dal vasino del politicamente corretto, perché l’ha detta tutta, perché, nel farlo, ha preso un’altra direzione. Se, da che mondo è mondo, assecondare il vezzo artistico, conciliando la necessità di esprimersi con quella di tirare a campare – anziché a Campari, per non pensarci -, nella serie A della musica italiana corrisponde a ingraziarsi il mercato e l’egemonia culturale imperante, giusto per non calpestarle i crismi siliconici, Povia la fa grossa e, finalmente, sanamente, fortemente, libera. Povia l’ha fatta controcorrente e un po’ gaberiana – Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra? –. Siamo lontani dal cantautorato impegnato di De Gregori ne “Il Cuoco di Salò”, ma ogni tanto è bello sentir cambiare il ritornello.

Sentite qua:

Ogni tanto la satira morde anche la sinistra, ebbene sì (leggere qui per credere).

Una scanzonata botta di oggettività in faccia, lontana dai mugugnati sermoni militanti incomprensibili.
Da queste parti, se il massimo della rivoluzione in musica è nell’antiberlusconismo di Caparezza, nell’antidestrismo di Jax, nell’anti sistematicità tatuata e stereotipata del pentastellato Fedez – ancor più figaccio e con il 90% in più di furbizia commercial/militante -; se il massimo del diletto musicale sta nel conformismo verso il mondo nuovo, verso il progresso da inseguire e idolatrare come un dio, verso l’utilitarismo e il multiculturalismo, verso l’estrema tolleranza, a costo di rimetterci noi stessi, allora in questo caso siamo ben oltre. Una continua cazziata sonata e cantata contro la morale, contro un minimo di buon senso, buon gusto e amor proprio. Che palle, si direbbe, che palle come il democristiano Celentano che la morale la trasformava in canzonetta nazionalpopolare che ha fatto e rifatto la storia di questa Patria un po’ statica e provinciale – La coppia più bella del mondo o Chi non lavora non fa l’amore – come la plastica sui divani della zia o che ti allieta la serata revival.

Ecco che, allora, la musica fa discutere se si fonde con l’impegno; la musica deve far discutere, recuperando, talvolta, una dimensione di narrazione, di analisi della realtà. Soprattutto se tratta dei tempi e della società in un momento in cui tutto sembra non tangere, ogni sacrificio pare essere necessario al conseguimento del progresso, dello snaturamento, della distruzione di un’identità prossima e riconoscibile, verso una massificazione senza fine.

La musica fa discutere, Povia fa discutere, da sempre, almeno non gli si può dare del militante improvvisato o del paraculo polemista. “La posizione pro-eutanasia di Eluana Englaro portata a Sanremo nel 2010 con “La verità”, ad esempio, dopo la posizione anti-ideologia gender portata al Sanremo dell’anno prima con “Luca era gay” o con il tour del 2015, iniziato in chiave tricolore, e poi virato in chiave neo-borbonica.  La nazionalista “Siamo Italiani” e la neo-borbonica “Al Sud” sono incluse entrambe nel suo ultimo album appena uscito, “Nuovo contrordine mondiale”, assieme a “Era meglio Berlusconi”. E pure in quest’ultima la stessa Lega Nord, di cui era stato definito simpatizzante, viene irrisa in modo analogo a grillini e Pd”, come ricorda Stefanini sul Foglio.

La crepetta nel politicamente corretto la apre volentieri, Povia. Ed ecco che bimbiminkia – e rappaminkia,  e fricchettoni, leoni da tastiera e fannulloni, creduloni, banche e usurpatori, mercanti e lobotomizzati – anche detti eterni accontentati, quelli per la Rivoluzzzione1!!, per la Libbbertà, quelli per cui l’Itaglia fa sempre schifo – sono messi al bando in numerose sessioni video sulla sua pagina Facebook, in un lavoro che accantona l’obiettivo commerciale e atterra nelle lande . Gira che ti rigira l’omologazione comincia a stare stretta a qualcuno, finalmente, come la cravatta al matrimonio della nipote, magari ad Agosto: comincia a stringerti il collo e poi ti fa perdere i sensi.

Povia non si vende. Ma Giuseppe non è di destra – È del centro storico, dice lui. E a noi piace questa idea –, figurarsi nazionalista – né lui, né il cartello con su scritto Chitemmuort’ Garib’a’ che lo accompagnò sul palco -, non è leghista – Salvini non è al governo, non si può perdere tempo dietro a lui, sempre come dice lui -. Povia è Povia ed è incazzato nero – sicuramente non rosso, dai – con Bruxelles, con l’Europa servetta dell’alta finanza, senza più carisma, né memoria.

Eclettico, goliardico, sfumato tra Gaber e Rino Gaetano, Povia menestrella quel che non si può proprio dire, quella parte sfigata di una società fragilissima e libertina – e fighissima! -, ghettizzata, che non si piega all’appello dell’egemonia culturale vigente, che dopo radical non ha scritto chic.

Ogni tanto è bello sentir cambiare il ritornello. Anche se per poco o quasi per gioco, è bello.

Bruxelles Era meglio Berlusconi Europa Giuseppe Povia Povia

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commenti

  • Francesco · 13/05/2016 20:47

    Se avesse invece attaccato Berlusconi, la Chiesa e tutti coloro che non sono schierati con le posizioni del PD…questa canzone ce l’avrebbero fatta ascoltare in maniera martellante.
    La realtà è una sola…
    O la pensi come loro, o non lavori.
    E il bello che ne conosco tanti di vecchietti comunisti della canzone di Povia che si sono rotti le palle di vedere come l’unico problema di questo governo sono la difesa dei diritti civili invece di quelli dei pensionati che non arrivano alla fine del mese.
    E anche a destra in tanti rimpiangono i tempi dove c’erano comunisti onesti che credevano nella famiglia, lavoravano sodo per mantenere la propria moglie e la prole numerosa.

    Rispondi
  • cesare berrinic · 13/05/2016 0:36

    La canzone di Povia è una ventata d’aria fresca che spazza via l’afa opprimente del sinistrume politicamente corretto.

    Rispondi
  • alessandro · 12/05/2016 17:52

    grazie ;-))

    Rispondi
  • alperfidia · 12/05/2016 15:50

    davvero stupenda sta canzone!
    finalamente un po’ di verità in corso.

    Rispondi
    • pinux3 · 13/05/2016 7:15

      Addirittura “stupenda”? Devi essere di bocca buona…

      Rispondi

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