“Non mi piace nulla di ciò che è fermo: qualunque cosa, per emergere, deve fare fatica“. Gioco di forze per i disegni di Gabriele Memola (classe 1971), in mostra con la sua personale alla galleria Rubin di Milano. Astratto e figurativo (relazione che è diventata un vecchio arnese e forse lo è sempre stato) nei suoi lavori si inseguono e si lasciano continuamente, inutile inquadrarli in qualche stile e trovargli un compagno di viaggio. Non servono concetti e non serve cercare qualcosa di fisso e stabile, perché in realtà qui tutto fugge via: quando inizi a vedere una struttura (quindi, la stabilità), ti accorgi subito che questo “organismo” in via di apparizione si è messo già in movimento, ri-emergendo in superficie per poi ri-trovarsi in difficoltà. La produzione d’arte di Gabriele Memola, disegni a Uni Posca e acrilico (i suoi eroi sono i disegnatori di fumetti, Moebius e il Quarto Mondo di Jack Kirby, ma naturalmente ci sono anche i pittori, Pollock, Klee, Klimt), è un’azione per contrari, dove tutto è senza requie: il gesto è sempre il punto d’inizio, dà l’abbrivio e poi: o si deposita sul fondo come una rovina, oppure fornisce una direzione per il dopo.
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Quelli tracciati da Memola sono segni verbovisuali, sia grafici che verbali, ma scordatevi la semantica, perché qui le parole hanno un connotato esclusivamente strutturale, il loro andamento sinistra-destra è quel che stabilizza la composizione. Ed è tutta qui (si fa per dire) la novità di Gabriele Memola, che torna nella stessa galleria che lo promuove da tempo, con disegni strutturati, solidi e orchestrati, per un risultato finale in cui il segno, il movimento continuo e la plasticità delle strutture fanno pensare all’architettura.
C’è il callo dello scrittore, ma esiste anche quello del disegnatore e Memola ne è il portatore (sano, del resto non potrebbe essere altrimenti considerando la maniacale e certosina precisione della congerie segnica dei suoi lavori. Una volumetria chiara e distinta regge la composizione, la-cosa-da-guardare nella sua totalità, che (almeno) qui è la somma delle parti, attraversata e lambita da una fittissima trama di segni “disturbanti”: concentrazione, rarefazione, dissoluzione…